Hatzel

Enrico Fink (voce, flauto),Zeno de Rossi (batteria e percussioni), Gabriele Coen (ance) Francesco Bigoni, (ance), Alfonso Santimone, (piano)

Un sogno in musica, un sogno ambientato nell’Italia ebraica, nella sua memoria e tradizione. Usiamo il termine “sogno” perché un termine migliore forse non c’è: questa non vuole essere una ricerca etnomusicologica, anche se di ricerca ce ne è molta dietro il progetto stesso. Il nostro desiderio è raccontare l’anima ebraica presente in modo spesso nascosto nella storia del nostro paese; usando un linguaggio musicale che è nostro, contemporaneo, figlio dei percorsi di ciascuno, un “mondo a parte” come per tanti versi è l’ebraismo italiano. Anzi, di mondi al plurale bisognerebbe parlare, e anche in quello che può apparire come un campo assai piccolo d’ispirazione troveremo varietà sorprendente, ad esempio, nel riferirsi ai poemi in musica del rabbino di origine bolognese Shmuel Archivolti, oppure nelle melodie tradizionali degli ebrei livornesi per cantare le parole del poeta ebreo di Spagna Shlomo Ibn Gabirol o ancora nelle influenze centroeuropee che si affacciano nelle melodie di Gorizia, Venezia, Ferrara.

Afew years ago Enrico Fink and Zeno de Rossi met on Myspace, and started talking about their music and projects, their love – and different approaches – to Jewish music, their feelings for a town and its history, Ferrara. Then they teamed up with Gabriele Coen, and this is how the “haTzel” project was conceived. It’s a musical dream about Jewish Italy, and in particular Ferrara, its memory and tradition. We speak of “dream” for lack of a better definition: this work is not intended to be an ethnomusicological research, although much in that direction lies behind and underneath the project itself; our desire is to narrate, with our own musical language, the Jewish soul of a city like Ferrara – or better yet,to narrate our own feelings towards that city and its tradition, the musical tradition of a community that has been one of the most famous Jewish centers in the world in centuries past, still today is connected to the Jewish world through the works, for example, of Giorgio Bassani – most notably, the “Garden of the Finzi Contini”– yet boasts today only a dwindling kehillah, and a correspondingly dwindling memory of its own past.